Trama
È la storia di una famiglia italiana raccontata attraverso tre generazioni di donne: nonna Rosa, sua figlia Selma e le nipoti Patrizia, Lavinia e Marinella.
La vicenda,
partendo negli anni Venti e terminando nel 1983, attraversa un lungo arco
cronologico.
All’inizio tutto si
svolge in un piccolo paese di montagna, nella Sicilia più profonda; poi, con il
trasferimento in città, il romanzo prende una nuova direzione e si apre a una realtà più ampia, segnata dai cambiamenti sociali e culturali del tempo.
Commento
Il libro appassiona
fin dalle prime pagine con delle scene forti, la scrittura è semplice,
immediata ma anche intensa e avvincente.
Benché io sia
solita cercare armonia nella lettura, qui invece ne resto scossa. Eppure,
ugualmente mi metto in ascolto.
Dell’autrice si
percepisce l’amore per la sua terra e per le donne di questa terra. L’unico
modo per dare dignità alle ferite di un sistema patriarcale e vessatorio
è parlarne: sono proprio le sue protagoniste a farlo, uscendo dalle pagine e
dal tempo per incontrare il lettore e impressionarlo con i loro lividi.
«Il padre di Rosa,
Pippi Romito, diceva sempre che 'a femmina è comu ‘a campana: si ‘un ra scotuli
‘ un sona”. E lui, da che Rosa era stata abbastanza grande per prenderle, non
aveva fatto altro che suonare lei e sua madre.»
Non tutti i
personaggi maschili sono violenti ma, per alcuni, il ricorso alle botte
è ordinaria amministrazione. La violenza nei confronti
delle femmine non è una reazione in risposta a qualcosa, ma un’azione: un atto
quotidiano, commesso con una spontaneità tale che trova spiegazione
solo nell'assuefazione alla brutalità. Gli uomini che aggrediscono non sanno
usare il pensiero, mai dubitano della loro condotta né danno prova di
compassione verso figlie e compagne.
«E chissà se pure
Ilario prendeva le mazzate, oppure a darle ai maschi non c’era gusto?»
Rosa, vessata da un
padre padrone, si unisce in matrimonio con Sebastiano Quaranta, un compagno
buono e rispettoso. La figlia Selma sposa Santi Maraviglia, il cui nome suona
come un ossimoro: oltre ad essere un parassita mascalzone, Santi è anche
prepotente, manesco e malvagio.
È pur vero che, se
ci si abitua a dare le botte, non ci si dovrebbe abituare a riceverle. La forza
delle figure femminili della storia è quella di riuscire a ribellarsi.
Ciascuna donna della famiglia, secondo la propria indole e le possibilità
dell’epoca, si affranca dal patriarcato.
«Rosa, sul cuscino
che ancora sapeva dei capelli di Selma, si era messa a pensare che forse non
era male avere tirato su tre figli che non sapevano cosa fosse il sangue.»
La nonna, rimasta
vedova, gestisce per anni in piena autonomia un’osteria che dà da mangiare a
un’intera comunità. Selma, la più docile tra le protagoniste, pur sottomessa a
un farabutto, impara un mestiere e lo trasforma in arte. Le figlie trovano
nello studio e nel reciproco supporto altri strumenti per costruire la propria
identità. In particolar modo, Patrizia si oppone alla patria potestà diventando lei stessa capo famiglia.
«Patrizia si
aggiusta la cintura di seta e punta il naso contro le sue sorelle. “Lo
sapevate, vero, che il cognome delle donne è una cosa che non esiste. Portiamo
sempre quello di un altro maschio” … “Comincia tu a tenerti il tuo, e poi si
vede”.
Ho scelto questo
libro per il titolo e per la mia scelta di utilizzare un doppio
cognome.
Qualsiasi cosa
abbia commesso Santi Maraviglia, sua figlia, sposandosi, si pone il problema se
continuare ad usare il cognome paterno o assumere quello del marito. Abbandonare
l’appellativo Maraviglia significherebbe pure lasciare andare una parte
importante della propria individualità. Quel nome, pur provenendo
da un genitore pessimo, contiene anche il modo in cui Patrizia e le sue sorelle
ne hanno fatto uso. Quel nome dice da dove vengono e cosa sono diventate.
La riflessione
sulla perdita del cognome femminile mi ha portato a fare una piccola ricerca
storica per capire cosa prevedesse la legge; così mi si è aperto un mondo.
Fino al 1975, in
Italia, vigeva il Codice Civile del 1942 per cui il
coniuge era il capo famiglia: il padrone, il boss, il re della
casa. Fuori poteva anche valere meno di un sasso, proprio come due personaggi del
libro, ma in famiglia aveva il potere sancito dalla legge.
“La moglie segue la
condizione civile di lui, ne assume il cognome ed è obbligata ad accompagnarlo
dovunque egli crede opportuno di fissare la sua residenza” (art. 144 del Codice
Civile).
Il clima politico e
culturale del ’68, le battaglie femministe e la crescita di una nuova
consapevolezza sociale portarono, nel 1975, a una riforma del
diritto di famiglia che stabilì la parità giuridica
dei coniugi ed eliminò il concetto di capo famiglia.
Ci sono voluti ancora molti anni perché il cambiamento giuridico si traducesse
in un mutamento reale del modo di pensare e, persino oggi, il patriarcato resta
ancora fortemente radicato.
Di fatto, la scelta di Patrizia, in concomitanza con il proprio matrimonio, riflette una trasformazione profonda della mentalità e dei costumi.
Indipendentemente dal tipo di relazione che abbiamo avuto con chi ci ha messo al mondo,
Rossana Palieri Larose

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