Nel momento in cui, dopo Lecce, l’automobile vira verso sud, percepisco il saluto del Salento nella campagna brulla, nell’aria calda e nei muretti interrotti, contornati dal blu di un cielo terso al limitare del mare. Questa terra si distingue dal resto di tutto, è un mondo autonomo, con la propria meravigliosa identità.
I paesi si raccolgono e rumoreggiano sulle piazze
principali, come quando a Botrugno, il venerdì sera, si canta sotto alle
campane, mentre Marco del Namastè prepara lo spiedo per tutti. Una donna indossa
delle ali curiose che lampeggiano e incomincia a danzare, un altro si traveste
e balla a modo suo quel ritmo in cui tutti si riconoscono. La pizzica è una
musica che insegue, scappa e corteggia; saltando con vitale eleganza, di balzo in balzo gioiosamente sfugge alle insidie e ai
pericoli dell’esistenza. In un tale allegro trambusto, io rido e canto senza
imbarazzo. Mi sento libera e giusta proprio come chi, dopo essersi a lungo
cercato, si ricongiunge a se stesso.
In questo territorio vivo e genuino come un vino dal sapore fruttato e robusto, ritrovo l’amicizia e l’affetto di una grande famiglia, premurosa e gentile, che mi accoglie come una figlia precipitata dal cielo del nord negli indimenticabili tramonti salentini, fatti di rosa, di arancio e di rosarancio.
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