lunedì, gennaio 15, 2024

I RICORDI NON FANNO RUMORE (VOL. 1,2,3) di CARMEN LATERZA

 


L’opera consta di tre avvincenti volumi: il primo copre l’arco cronologico dal 1939 al 1948, il secondo quello dal ’52 al ’65 e l’ultimo va dal ’65 al ’78.

Nonostante la narrazione sia attraversata da numerosi personaggi, i principali interpreti delle vicende sono Bianca, i fatti e il modo in cui il destino si compie nella sua vita di bambina e di donna. La lettura è coinvolgente, il pregio è quello di collocare magistralmente gli esseri umani nelle diverse epoche e di mostracele senza nemmeno il bisogno di chiudere gli occhi. Senza chiudere gli occhi lo spettatore partecipa delle leggi razziali nella loro fase più ipocrita e silenziosa, assiste sbalordito alla fuga dei civili dalle città, alla lotta per la sopravvivenza nelle campagne, il suo sguardo cerca riparo tra i muri sventrati dai bombardamenti.

«Ida e Giovanna restarono mute. Udirono il rumore lontano di un aereo che fece risalire come un conato la paura sorda, appiccicata addosso come un ricordo ancestrale; La paura del momento in cui tutto quel barcamenarsi in una pretesa di normalità si sbriciolava sotto le bombe di una guerra vera, e svelava, sotto le macerie delle case e degli affetti, la carnalità dell’istinto animale di sopravvivenza»

Una mano invisibile esce dalle pagine e trascina il lettore all’interno delle vicende.

Si tratta di trentanove anni in cui tutto accade e tutto si trasforma: diritto, società, etica, libertà e lavoro, ogni cosa evolve attraverso passaggi che impongono sacrifici individuali e collettivi. Tra i numerosi temi di cui si potrebbe parlare, quello dell’emancipazione femminile è la luce del racconto: la storia la fanno le donne del romanzo e non gli uomini. Questi ultimi semmai partecipano con i loro difetti e le loro virtù. Quasi nessuna delle figure femminili può dirsi sbagliata, poiché ognuna contribuisce alla crescita di una comune coscienza. Persino un personaggio limitato e sottomesso come la zia Augusta consente a Bianca di scegliere fin da piccola chi o cosa non essere da grande. Allo stesso modo, la signora Elvira, che le insegna a ricamare, è la prima, tra le donne incontrate dalla giovane, a ribellarsi alla mentalità patriarcale, che sistematicamente sottometteva le femmine nel contesto famigliare e le relegava ai margini della vita sociale.

«Hai le idee chiare, piccola Bianca» le diceva Elvira senza condiscendenza. «Ma quando metti il tuo destino nelle mani di un’altra persona, non sei più libera. Forse puoi sentirti al sicuro, ma come le bestie nella stalla, che hanno sempre un padrone che chiude il cancello la sera e lo riapre la mattina».

«Allora» disse infine Bianca «diventerò una principessa anche senza un principe».

Bianca prende il meglio e lo fa suo, si nutre del tanto o del poco che la vita le offre e ne fa tesoro, mettendo ogni lezione in quel bagaglio che sarà la chiave del suo successo di donna.

La vicenda mi lascia senza parole quando, nel secondo libro, scopro che la protagonista e lo sposo emigrano in Svizzera, proprio qui a Sangallo, la località in cui io stessa risiedo da oltre sedici anni. L’autrice restituisce molto bene le immagini dei luoghi, della società e le difficoltà degli italiani che si trasferivano all’estero per svolgere lavori di fatica, guardati con cipiglio dalla gente del posto. Ogni tanto io quello sguardo lo riconosco ancora. Dappertutto, in ogni Paese, c’è un «noi» di cui io, tu, lei, lui, voi, loro non fanno parte sulla base di un confronto che verte esclusivamente sulla provenienza.

«Bisogna ignorarle, quelle signore là, e i loro commenti stupidi. Quelle là si farebbero ammazzare piuttosto che vedere i figli diventare operai. E ci guardano dall’alto in basso se siamo vestiti da lavoro e ancora peggio quando siamo vestiti da festa. Ma quando salgono in treno si riempiono la bocca dei prodigi della tecnica svizzera e fanno finta di non sapere chi li fa, veramente, quei prodigi. Siamo noi a farli, mica loro! Noi, che non abbiamo paura di bagnarci la camicia. Noi, che viviamo in baracche luride per spendere il meno possibile e mandare i soldi a casa. Noi, che ci spacchiamo la schiena ma non molliamo per non perdere il contratto».

Nonostante la presenza di una madre amorevole, Bianca fa esperienza fin da piccola dell’abbandono, della separazione, della perdita improvvisa e ingiustificata dei suoi punti di riferimento. Effettivamente, il romanzo è perfetto nel descrivere l’imperfezione della vita reale con i colpi di scena che il destino ha in serbo per noi. Bianca riconosce il bene e lo persegue, pur mantenendo sempre alta la guardia. I rapporti affettuosi con le persone care danno luogo ad una parentela dell’anima in cui l’amicizia si trasforma nella migliore delle famiglie.

L’intera vicissitudine di Bianca insegna, al di là dell’imprevedibilità dell’esistenza e delle brutture dei tempi, a dare il proprio meglio qualsiasi cosa accada e, se necessario, a ricominciare tutto da capo, perché in fondo non si riparte mai veramente da zero.

«Ogni passo porta al successivo. Si può solo andare avanti. Né i rimpianti né l’invidia per la fortuna altrui ci daranno una seconda opportunità».


 GRAZIE CARMEN LATERZA GRAZIE


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