giovedì, gennaio 18, 2024

MATTATOIO N. 5 di KURT VONNEGUT

 

Si tratta di un romanzo di fantascienza del 1966. E la prima volta che leggo un libro di questo genere e, se non mi fosse stato assegnato come compito, mai lo avrei scelto. Ammetto con sorpresa che ne è valsa davvero la pena.

Attraverso il personaggio di Billy Pilgrim, l’autore descrive la distruzione di Dresda e  mette in evidenza con straordinaria originalità la barbarie della guerra: lo fa mescolando il reale al surreale, fino a confondere il lettore. Il protagonista viaggia in una dimensione spaziotemporale e cambia continuamente contesto: lo scenario bellico della seconda guerra mondiale si alterna all’America degli anni sessanta come pure ad una prigionia presso gli alieni di indefinibile durata.

Billy sembra non avere il minimo controllo sulle cose che gli accadono, tanto che le vive come se venisse trasportato all’interno di un inarrestabile flusso: galleggiando in direzione della corrente, egli si abbandona al perpetuo caos dell'universo. Qualsiasi evento gli si scagli contro, lui osserva, va avanti e, lasciando andare ogni giudizio, cerca di sopravvivere. Il suo fascino principale è proprio saper stare nel momento con l’ingenuità e l’innocenza di un bambino. Di conseguenza, che sia il racconto della reclusione dell’autore nelle mani dei tedeschi, quello della sua professione di ottico o che si tratti della narrazione del rapimento sul pianeta di Tralfamadore, ciascun istante è vissuto in un presente eterno e dilatato.

Talvolta Pilgrim ha bisogno di versare qualche lacrima per consentire alle emozioni di uscire ma non si lamenta e non si piange mai addosso.

Ciò su cui la storia fa riflettere sono i temi dell’accettazione e della scelta. Gli esseri umani istintivamente cercano di avere il controllo sull’esistenza, fanno fatica ad accogliere eventi non scelti e indipendenti dalla loro volontà. Al contrario Billy, invece di opporre resistenza e sacrificare preziose risorse, ripete come un mantra la frase “cosi è la vita”. Nonostante le conseguenze più agghiaccianti del conflitto siano senza sosta sotto il suo sguardo e benché lutti e dolore ripetutamente lo colpiscano, l'approccio dell'autore rivela una luce di fondo, la fiducia che la morte sia un passaggio veloce al quale seguirà non tanto un nuovo inizio ma piuttosto un proseguimento. In sostanza, si muore per continuare a vivere. 

“Se è vero quello che Billy Pilgrim ha imparato dai tralfamadoriani , e cioè che tutti noi vivremo in eterno, indipendentemente dal fatto che ogni tanto possiamo sembrare morti, non ne sono poi così felice. Comunque, se devo passare l’eternità visitando ora questo e ora quel momento, sono grato che tanti di questi momenti siano belli”.

Il protagonista è strano, strano ma bello. La sua attitudine è una sfida, poiché istintivamente i più si illudono di controllare non solo la propria vita ma anche lo spazio e il tempo. In realtà l’unica certezza che possiamo avere è quella di essere parte di un grande mistero, all’interno del quale è sensato fare bene, coscienti che le cose semplicemente accadono e le persone semplicemente sono.

“Sulla parete del suo ufficio Billy aveva una preghiera incorniciata che esprimeva il suo metodo per tirare avanti …

DIO MI CONCEDA LA SERENITÂ DI ACCETTARE LE COSE CHE NON POSSO CAMBIARE, I CORAGGIO DI CAMBIARE QUELLE CHE POSSO E LA SAGGEZZA DI COMPRENDERE SEMPRE LA DIFFERENZA”.

 

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