Ritorno
al mio blog dopo una lunga pausa.
Ognuno
dei testi che ho letto in questi mesi avrebbe meritato una riflessione post
lettura, un commento per elaborarne alcuni passaggi significativi, eppure solo
adesso sento nuovamente l‘urgenza di condividere un titolo. La causa sbloccante
è senz’altro il libro di Carmen Laterza, straordinario e coinvolgente.
Trattandosi
di un romanzo storico, i protagonisti, oltre ad Alvise e Zeno, due amici alle
soglie dell’adolescenza, sono i luoghi, l’epoca, le famiglie, la società, la
pericolosa instabilità di alcune regioni all’indomani della seconda guerra
mondiale e un evento tragico, realmente accaduto e scandalosamente sconosciuto
ai più.
Quello
che rende il racconto avvincente è innanzi tutto la capacità dell’autrice di
riportare in vita il passato e di farlo attraverso dei personaggi delineati
così bene, da renderli famigliari, tangibili, riconoscibili per il loro modo di agire e
pensare. Nel caso di Alvise e Zeno si tratta di figure caratterialmente e
socialmente diverse, nondimeno profondamente affini.
Dello
scenario dal quale i due ragazzi provengono si percepisce la dignitosa
semplicità degli umili e la ricercata compostezza della classe media. Le
persone hanno la bellezza di mostrarsi per quello che sono, certamente per via del loro ambiente ma anche a prescindere da questo.
«Ottavia
aprì le imposte ad una ad una lasciando entrare in casa la luce dorata e l’aria
tiepida del tardo pomeriggio. Si fermò sul terrazzo del soggiorno, ispezionò le
fioriere, sfiorando con le dita i petali rossi dei gerani, guardò in
strada, lungo la penombra polverosa dei portici e poi giù fino alla piazzetta».
«…a Rita sembrava che la casa
mancasse di decoro e non faceva che pulire tutti i giorni ogni stanza con cura
maniacale. Solo i mobili della camera matrimoniale, che Sebastiano aveva
costruito appena aperta la bottega, erano per lei una quotidiana fonte di
orgoglio».
I
bambini sono uguali a quelli di ogni altro tempo: istintivi, spontanei, sempre all’inseguimento
di qualche avventura, in una competizione che già mette in luce l’intraprendenza
degli uni e la ritrosia degli altri. L’infanzia di questi giovani del 1946 non era diversa dalla mia negli anni settanta. Facevamo le stesse cose, con la
differenza che nel periodo della narrazione l’essere figlio di un medico
piuttosto che di un falegname preludeva a un diverso destino, un futuro più o
meno già scritto alla nascita.
«E in quel futuro importante, che partiva dalle scuole medie e arrivava all’esempio autorevole del padre, per Alvise non c’era posto e, peggio ancora, Alvise un posto, là dentro nemmeno lo voleva … Zeno, però, non se la prendeva perché loro erano amici e stavano dalla stessa parte».
Al
di là del valore del romanzo da un punto di vista letterario, ne raccomando la
lettura anche per la necessità di conoscere meglio il periodo storico e le
vicende a cui si riferisce. Prendere coscienza di una ferita collettiva, sapere
che qualcosa di doloroso e irrisolvibile è successo, documentarsi, interessarsi
e soprattutto sentire, provare delle emozioni ha il pregio di alimentare
una preziosa energia che, portando alla memoria fatti e persone, permette alle
vittime di rivivere nei pensieri di coloro che ancora oggi ne coltivano il ricordo.
La vicenda degli italiani di Pola e di Istria, la maniera in cui la regione venne divisa, la difficile convivenza con i "titini" ed il triste epilogo dell’esodo spostano la mia personale riflessione sull’incapacità umana di risolvere i conflitti e mettere le giuste priorità.
Possibile che non ci sia un modo per far coabitare all'interno di un territorio conteso due diverse etnie con gli stessi diritti e gli stessi doveri? Uno spazio abbastanza largo e lungo, in cui ciascuno abbia la piena libertà di essere e vivere senza discriminazioni, nel rispetto di tutti e sulla base di una assoluta e universalmente riconosciuta uguaglianza?
«Il ragazzo si prese la testa tra le mani e cominciò a scuoterla piano, mentre chiudeva forte gli occhi. Sebastiano gli appoggiò una mano sulla spalla per consolarlo, perché sapeva che si era innamorato di una ragazza jugoslava e solo una settimana prima batteva i pugni sul tavolo del Circolo, affermando che i buoni e i cattivi c'erano da entrambe le parti e sparare nel gruppo non serviva a nessuno ».
Grazie
CarmenLaterza Grazie
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