martedì, giugno 27, 2023

KINTSUGI DI SELENE CALLONI WILLIAMS

 


Il Kintsugi è una tecnica giapponese che ripara le crepe della ceramica con una lacca dorata. Dal Paese del Sol Levante la conoscenza di questa pratica si sta diffondendo anche in Europa e sovente se ne sente parlare. Del metodo mi attrae non solo il fatto di aggiustare qualcosa che è rotto, bensì la possibilità di conservare il vecchio, rendendolo nuovo e accrescendone il valore.

Proprio mentre mi domandavo in quali situazioni si possa ricorrere a tale procedura, sono incappata nel libro “Kinstugi. Ripara le ferite dell’anima e rendi prezioso ogni istante della tua vita”. Per riuscire a rimettere insieme i nostri frammenti staccati o riempire i buchi lasciati dalle fratture, inevitabilmente bisogna affrontare qualche battaglia.

L’autrice mi sorprende favorevolmente, perché tocca i temi che più mi interessano e ai quali già con precedenti letture avevo prestato attenzione: in particolare, la prima di tutte le sfide, imparare a stare in pena, quando arriva il disagio, sopportarlo senza scappare né lamentarsi.

“Qualsiasi dolore, fisico o psicologico, non ha lo scopo di farci soffrire ma di scuotere l’anima dal suo torpore e di chiamarci a un viaggio iniziatico … lo sa chi, in seguito alla perdita di un lavoro, a un fallimento o a un matrimonio sbagliato, ha compiuto il grande viaggio … e ha trovato in sé la forza e la resilienza che lo hanno riportato alla vita con una libertà tutta nuova”.

Accogliere una grande sofferenza, capace di affliggerci e fagocitarci in un angoscioso abisso, significa dare rifugio a una parte di noi, un io belligerante, che oppone la più cieca resistenza e che, usando il dolore come unico strumento per farsi ascoltare, rumorosamente protesta. In suo e nostro soccorso, il testo propone diverse meditazioni. La mia preferita è quella del torrente impetuoso, che prevede, dopo aver individuato il punto in cui sentiamo maggiore tormento, di visualizzare la ferita rimarginata attraverso l’energico scorrere di un flusso dorato.

In una società ipertecnologica, che aspira insistentemente ad una perfezione che non ci corrisponde, facilmente avvertiamo frustrazione e il senso di essere difettosi, mancanti, incompleti.

“Siamo stati progettati per romperci innumerevoli volte, perché è proprio da queste rotture che procede la nostra spinta a evolvere, a trovare soluzioni, a pensare a ciò che fino a quel momento non era ancora stato pensato”.

Del resto, ogni cosa che si ripara è per eccellenza imperfetta. Mi tornano alla mente alcuni rammendi che faceva mia nonna, come ero felice quando mi rattoppava la biancheria e quanto ero orgogliosa di quelle grosse cuciture su lenzuola e tovaglie.

La riparazione implica un passaggio da uno stato ad un altro, pur nella conservazione della propria identità. Per accedere al cambiamento e possibilmente alla crescita non penso si debba sistemare per forza ogni aspetto dell'esistenza o della persona. Ci sono vuoti che non si possono riempire e parti storte che non si possono raddrizzare. Nell’elogio dell’imperfezione allora mi permetto di aggiungere anche la libertà di non dover obbligatoriamente sistemare tutto.

Se pensiamo ai traumi, ai lutti, ai dispiaceri, alla maniera in cui la vita ci mette alla prova, ognuno di noi è un vaso ricomposto. Il numero dei pezzi in cui ci possiamo frantumare dipende dalle singole sensibilità, da quanto siamo scalfibili: tutti siamo frangibili in qualche posto e, alla fine, la differenza tra un individuo e l’altro sta nella quantità dei cocci, nella profondità delle crepe. Riunire i brandelli o riempire le fessure con l’oro significa diventare arte, dare somma dignità alle proprie cicatrici, esibirle con lo stesso orgoglio con cui si mostrerebbe un gioiello prezioso… Significa uscire a testa alta per strada e dire al mondo: Eccomi. Sono io, sono vecchio e sono nuovo, sono un puzzle ricomposto... nondimeno sono intero. Il cuore è integro, l’anima è sanata ... Io sono un autentico Kintsugi!

“Il tuo cuore fragile diventerà il tuo più grande spirito guardiano” mi disse Oda “ti proteggerà per sempre”.


 NOTA: Nella fotografia in alto, accanto al libro un portacenere acquistato 25 anni fa, durante il viaggio di nozze... posacenere compagno di numerosi traslochi, caduto, rotto e incollato...proprio come il matrimonio che rappresenta.


Targa realizzata da mia madre Ginetta Garutti 
con il Kintsugi 


" Se davvero la sofferenza impartisse lezioni, il mondo sarebbe popolato da soli saggi. E invece il dolore non ha nulla da insegnare a chi non trova il coraggio e la forza di starlo ad ascoltare"
Sigmund Freud


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