L’estate sta
finendo ed io ritorno a parlare di libri, di viaggi e di viaggi nella
lettura.
“Riscrivi le pagine della tua vita” è un’opera recente e innovativa, scritta dalle psicologhe del Psicoadvisor - La Rivista di Scienze Psicologiche e Neurobiologia.
Il testo va a prendere il lettore dall’interno, cercandolo nelle sue zone più fragili e nascoste. Gliele mostra, le descrive e le osserva con approccio gentile. Non si tratta di eliminarle, bensì di integrare quegli sfaldabili pezzi e di accoglierli.
Tutto ciò che diventiamo si genera alla nascita ed evolve durante
l’infanzia: In che modo siamo stati accolti? Come si sono presi cura di noi?
Come erano i toni, il linguaggio, le spiegazioni? In quale maniera gli adulti
di riferimento sapevano rispondere alle nostre domande? Ma soprattutto, chi e
come erano questi genitori e queste famiglie? Ricorre spesso il termine
disfunzionale, riferito a persone e relazioni inadeguate al punto di essere dannose e di grosso ostacolo allo sviluppo della
personalità. Poiché i bambini non sono in grado di difendersi e tantomeno di
elaborare criticamdnte ciò che gli accade, ne consegue che siano proprio loro a portare il
peso più grande degli errori commessi dagli adulti. Quanti di noi passano
una vita a pensare di essere sbagliati, difettosi a prescindere, di
non essere abbastanza, di non valere abbastanza. Quanti si auto-sabotano … e magari il traguardo è proprio lì a due passi.
Se il modello educativo è disfunzionale, il risultato sarà un adulto dalle emozioni disturbate, dal volume troppo alto, “fuori misura”. Giustamente un individuo modella la propria opinione di sé e la percezione della realtà secondo gli stimoli e le risposte ricevute quando era piccolo. Persino le più belle musiche di tutti i tempi, se ascoltate alla massima frequenza, perderebbero la loro armonia. Ed è proprio così che ci si sente quando sentimenti come rabbia, senso di colpa, vergogna e paura fanno la loro personale rivoluzione, riportandoci in un passato non risolto, obbligandoci ogni volta a rivedere i nostri cocci rotti. Come note senza pentagramma, queste sensazioni prendono il comando e ci conducono nella terra dei conflitti.
Mi tornano alla mente gli esperimenti di Masaru Emoto, per cui l’acqua ghiaccia in cristalli bellissimi sottoposta alle opere classiche e si frammenta scomposta con la musica hard rock. Come note stonate da accordare, quelle impressioni fuori controllo sono la nostra anima che suona il rock, il punk o il blues. Le autrici propongono allora di tenere un diario delle emozioni, al fine di connettersi più consapevolmente con esse, comprendendone le origini e le conseguenze.
In effetti, ogni volta che lasciamo che siano i pensieri brutti a prendere il comando, è a loro che diamo il potere. Il bello di questo studio è che non si tratta di negare o respingere quel sentire ma di accettarlo e integrarlo. Trovo bellissimo il suggerimento di andare a prendere una foto di quando eravamo piccoli, per guardare, abbracciare e rincuorare quelle creature timorose e incerte, dare loro amore e forza fino a vederle sotto una luce diversa.
Ho spesso riscontrato come il raggiungimento del benessere venga confuso con l’assenza di dolore:vogliamo evitare la sofferenza come se questa fosse l’anticamera della morte, eppure non è così. Il male che sentiamo è una parte di noi che rivendica attenzione. Più le daremo dignità, tanto meno sentirà il bisogno di romperci il cuore. Stare nel dolore ci cura e ci salva. Certo, non dico che faccia piacere ma è il primo passo per liberarsi di pesi che chiedono di essere deposti.
Il libro è un buon manuale di autoanalisi. Ho solo accennato alcuni temi, interpretandoli liberamente sulla base della mia esperienza.
Come si dice nel film “Si può fare” di Giulio Manfredonia, «da vicino
nessuno è normale». Pertanto, a tutti caldamente lo consiglio, perché tutti
senz'altro ne abbiamo bisogno.
Grazie alle autrici😌


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