Un
romanzo imperdibile, dotato di una straordinaria forza narrativa, tale da
immergere completamente il pubblico all’interno della vicenda. Tra i muri delle
case di Lizzanello, nelle vigne o nelle stanze dell’ufficio postale, di pagina
in pagina, la lettura avvince e convince.
La
portalettere spicca con una personalità forte e incredibilmente moderna nel
contesto storico degli anni trenta, quaranta e primi anni cinquanta. La
necessità e l’urgenza di muoversi le consentono di operare delle scelte senza
paura ed oltre ogni dubbio. Pertanto, che si tratti di indossare dei pantaloni,
di scegliere una professione maschile, di bere un caffè corretto grappa di
prima mattina o di lottare per l’emancipazione femminile, il problema del
coraggio, lei, neppure se lo pone. Anna semplicemente è, e di conseguenza
agisce. Questo fa la differenza tra i protagonisti e le comparse.
La
postina rappresenta la prova incontrovertibile di come sia la determinazione
del singolo a porre in essere il cambiamento. Siamo noi e soltanto noi a
credere nella bontà dei principi che ci guidano in un dato momento.
«… Non esistono portalettere donna.» «Finora», disse Anna.
Nell’ottobre del 1944, aveva letto sul
giornale l’appello dell’Unione Donne Italiane, che a Roma avevano fondato il
comitato pro voto in vista delle elezioni amministrative del 1946… Così aveva
preso un fascio di fogli bianchi e, su uno di questi, aveva ricopiato, nella
sua grafia tonda e aggraziata, il testo della petizione che l’UDI invitava a
far firmare a tutte le donne in ogni comune.
Basterebbe
che ognuno si occupasse dei fatti propri, senza giudicare o disturbare chi sta
cercando di fare qualcosa di diverso. L’individuo che rivendica la libertà di
non omologarsi, di seguire se stesso senza il bisogno del plauso sociale, risulta strano agli
occhi dei più. Allora meglio la stranezza: meglio non somigliare a
nessuno che perdersi in un anonimo marasma.
I due vecchietti erano sempre lì, seduti
allo stesso tavolino, come se fossero sagome di cartone che Nando riponeva nel
ripostiglio a fine giornata e tirava fuori ogni mattina prima dell’apertura.
Il villaggio che spia e spettegola, seduto ai tavoli del bar o nascosto dietro ai vetri delle case, è rappresentato da una massa informe e sbiadita. Benché non tutti abbiano le stesse idee, magicamente si accordano quando si presenta l’occasione di criticare chi si discosta dalle opinioni correnti. La straniera è il soprannome che la gente di Lizzanello attribuisce ad Anna. Del resto non è forse questa l’ignoranza? Mi viene in mente la frequenza con la quale qualcuno, contrapponendosi a me come migrante, mi ripeteva “da noi… da noi… da noi…”. Tanto che una volta chiesi: “Da noi chi? Da noi voi o da noi noi?”. La controparte sorrise confusa.
Poi,
a tu per tu con se stessa, ciascuna di quelle figurine di cartone, non può fare
a meno di ammettere l’onestà della postina, peraltro già bene descritta dalle
conseguenze delle sue azioni. Dopo tutto, con i necessari tempi, la stima dei
compaesani cresce.
Un
altro importantissimo protagonista, intorno al quale incessantemente ruotano storie e persone,
è il segreto. Il non detto viene declinato in tutte le sue forme: paternità
nascoste, tradimenti, amori clandestini o irrealizzabili. La scrittrice ha il
talento di mostrare la forza e la fragilità dei suoi personaggi, attraverso il
modo in cui questi rinunciano ad una grande passione o vi si abbandonano senza
freni.
La
finzione narrativa rispecchia la realtà e, inevitabilmente, induce a riflettere
sugli interpreti del romanzo. Alcuni spiccano per immaturità emotiva, altri si
distinguono in virtù. La linea di confine tra fedeltà e tradimento è la stessa
di ogni tempo: a contrapporre i singoli sono valori diametralmente opposti.
Taluni tradiscono impunemente, altri custodiscono in sé meravigliosi giardini,
curati e nutriti nonostante lo struggimento di un cuore eternamente
sospeso. Oltre al tormento dell'irraggiungibilità, anche lo scherno di un
destino che gli amori impossibili li fa durare per sempre.
…Poco prima, al bar, Antonio le aveva
prestato la sua copia di un romanzo che s’intitolava Tempo di uccidere, scritto da
un certo Ennio Flaiano, un autore che Anna non aveva mai sentito nominare.
Aveva vinto da poco un premio letterario importante, le aveva spiegato Antonio.
«Ci tengo che tu lo legga», aveva aggiunto. «Ho sottolineato delle frasi… Se ti
va, sottolinea anche tu quelle che più ti colpiscono, e poi ne parliamo».
La
meraviglia, lì e altrove, è quella di riuscire a
trasformare tutto il patrimonio di sentimenti repressi in qualcosa di bello,
che renda quell’amore degno di non essere vissuto.
''Stare con te o non stare con te è la misura del mio tempo''.
J. L. Borges
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