Emmanuel Carrère descrive la vita dello scrittore russo Eduard
Limonov. Benché questa biografia non mi sia piaciuta per niente, ho deciso
comunque di elaborarne un commento. In fondo, è importante ragionare anche sulle
cose che ci disturbano o che ci fanno sentire scomodi.
La Treccani sul personaggio in questione afferma: Personalità sovversiva e policentrica, resa nota al pubblico occidentale
dalla biografia Limonov (2011; trad. it. 2012) di E. Carrère, che ha
contribuito alla costruzione del suo mito restituendolo alla storia nelle
sfaccettate e contraddittorie immagini di poeta spiritato e teppista di strada…
Giammai potrei parlare di mito e non mi pare proprio che
la descrizione di Carrère ci restituisca un eroe, piuttosto un opportunista pusillanime. Limonov
persegue gloria e successo senza coltivare alcun talento. Ovunque vada, egli
mira a raggiungere la notorietà attraverso lo sfruttamento di qualcosa o di qualcuno.
«… Ha scoperto che basta lavorare un poco
ogni giorno, ma tutti i giorni, per essere certi di progredire e a questa
disciplina resterà fedele tutta la vita. Ha anche scoperto che in una poesia
non è il caso di parlare di “cielo blu” perché tutti sanno che il cielo è blu…così
si fabbrica uno stile che lo rende a suo giudizio non un grande poeta ma almeno
un poeta riconoscibile».
Di questo passo condivido la necessità di una scrittura
che contraddistingua ogni singolo autore dagli altri. Tuttavia, dubito che si
possa progredire lavorando poco. Detto così, pare l’apoteosi della mediocrità; non
è forse associando al lavoro la dedizione e il sacrificio che l’arte aspira
alla grandezza?
«Malgrado il suo gusto per la ribellione e
il suo disprezzo per il destino mediocre dei genitori, è rimasto loro figlio:
il figlio di un ufficiale … Quando sente parlare di gulag pensa sinceramente
che si esageri, e che gli intellettuali che li denunciano facciano tante storie
per qualcosa che i delinquenti prendono con più filosofia».
Insofferente verso tutto, Eduard pare essere incapace di distinguere il bene dal male. Tra i tanti valori che egli ignora vi è la conoscenza della verità storica. Analogamente a quello nei confronti della Shoah, anche il suo negazionismo è scandaloso: offensivo e irriverente nei confronti delle vittime dei campi di concentramento staliniani.
(Sul tema tema dei gulag https://ilviaggioseitu.blogspot.com/2024/03/avevano-spento-anche-la-luna-di-ruta.html).
«L’unica vita degna di lui è quella dell’eroe;
lui vuole che il mondo intero lo ammiri e pensa che ogni altro criterio, una vita
famigliare tranquilla e armoniosa, i piaceri semplici, il giardino coltivato al
riparo degli sguardi, siano autogiustificazioni da falliti».
Approfittandosi di persone e situazioni, il protagonista persegue la fama in modo spasmodico. Se le carenze genitoriali e la trascuratezza emotiva durante l’infanzia possono giustificare il bisogno di essere visto, il disprezzo delle piccole cose mette in luce tutta la sua adulta irrisolutezza. Nonostante conduca un'esistenza avventurosa e ricca di colpi di scena, manca in lui un processo di crescita.
Limonov non coltiva relazioni autentiche, né affetti stabili e duraturi. Si lega a delle donne che lascia o da cui si fa lasciare; persino la compagna che lo assiste negli anni del carcere viene sostituita da un'altra più giovane amante.
Durante la guerra nella ex Jugoslavia egli afferma: “la
neutralità fa rima con viltà”; pur attribuendo delle responsabilità ad ognuno dei popoli in conflitto, decide di combattere al fianco dei serbi.
«La verità che nessuno osa dire è che la
guerra è un piacere, il più grande dei piaceri, altrimenti finirebbe subito. La
guerra è come l’eroina: provata una volta, non si può farne a meno … In realtà,
pace e guerra sono come lo yin e lo yang: sono necessarie entrambe».
Attraverso l’anima nera di Limonov, Emmanuel Carrère ci
descrive un essere umano cinico e impietoso. Non ho mai creduto al concetto per
cui, secondo la legge degli opposti, senza il male non esisterebbe il bene. A dispetto del triste tempo in cui viviamo, se dalla faccia della terra sparisse quel dannato sciame di spiriti iracondi, bramosi e briganti, staremmo tutti meglio anzi
benissimo.
La lettura di questa biografia mi ha insegnato a
riconoscere il valore come termine di confronto tra me e gli altri. L’irritazione
nei confronti del protagonista altro non è che il rifiuto verso tutto ciò che
desidero tenere lontano e che Eduard splendidamente identifica.
Se anche cercassi di spiegargli la mia visione del mondo, quella del
giardinetto coltivato e dei piaceri semplici, non la capirebbe: è inutile discutere con persone che hanno ideologie, valori(o dis-valori?) diametralmente
opposti; non abbiamo il compito di convincere l'intera umanità in merito alla bontà dei nostri principi. Nondimeno, abbiamo la possibilità di scegliere se essere o non
essere amici di un Limonov qualsiasi.
Ognuno vale quanto le cose a cui dà importanza. Marco Aurelio
GRAZIE GIUSEPPE!
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