Il romanzo descrive più vicende collegate tra loro; tra tutte, quella che ha maggiormente attirato la mia attenzione è la relazione tra Lucia, voce narrante della storia, e la figlia Amanda. La ragazza, di ritorno da Milano prima del lockdown, soffre di un preoccupante malessere psichico. Isolandosi dal resto del mondo, si chiude in un’apatia inquietante che la induce a lasciarsi andare e schivare ogni confronto.
«Con Amanda nemmeno l’istinto mi aiuta, piuttosto mi tradisce. Non posso
rilassarmi mai, devo spingerla a stare in piedi, lavarsi, portare giù la
spazzatura. La mia spinta è senza grazia, a volte rozza. Mi confondo anch’io,
non so se parlo alla bambina che si attarda o alla donna che sarà. Ma i figli
quando cominciano ad essere davvero grandi».
Lucia assiste al turbamento psicologico della figlia, senza alcuna possibilità di dialogo, né una spiegazione da parte di questa rispetto alle cause.
Di fronte alla sofferenza della prole, un padre o
una madre cercano ingenuamente di stabilire un immediato controllo sulla
situazione. Si tenta di individuare la prima origine del disagio, di indagare a
fondo rispetto ai come e ai perché, fino a pretendere di risolvere tutto con un potentissimo
rimedio benedetto dall’amore. Come se si potesse risalire il tempo e da lì
mettere in atto tutte le strategie pur di porre fine al male. Perché se c’è
una cosa che fa uscire di senno, è che la propria creatura soffra. Come ci si
precipita dal medico quando i piccoli hanno i primi mal di pancia, si
rovescia il mondo affinché quei disturbi testé finiscano … allo stesso modo, con
la stessa inquietudine si affronta il dolore di quei bambini cresciuti, magari
in giro per il mondo senza i genitori che li proteggano sotto il loro magico
invisibile ombrello.
«Il malessere di mia figlia devo ancora capirlo, non viene da una parte
sola… Perché non ho capito subito cosa ha sofferto? Dov’ero io mentre pativa il
freddo e la paura davanti al portone? È il destino delle madri, non poterli più
proteggere, a un certo punto».
«L’ho lasciata troppo sola, nella città. È tornata un’altra. La credevo
presa dalle sue amicizie, esistevano solo nelle mie fantasie».
Saper stare non solo nel proprio dolore ma anche in
quello dei figli è la prova regina. Forse non si tratta tanto di riparare
quanto di aspettare che passi.
Ogni volta in cui mia figlia sta emotivamente male, penso
che sia colpa mia; cerco di percorrere a ritroso la sua intera esistenza per
trovare il punto in cui ho sbagliato e scusarmi. Sebbene sia naturale
attribuirsi delle responsabilità, fittizie o reali che siano, il punto di
partenza è accettare; rispettare il fatto che qualcosa non va, che ci vorrà del
tempo e, forse, concepire la sofferenza come una palestra che allena i giovani alla
vita.
«Siedo in un banco e mi sento accolta, nella mia lontananza da Dio. Questo silenzio mi calma, i pochi visitatori rispettosi. Se avessi fede ora pregherei Santa Maria in Collemaggio di aiutare mia figlia, di ripararla. Una Madonna saprebbe illuminare quella crepa il lei che io ancora non trovo».
A Milano Amanda subisce un’aggressione. Non si sa se questo sia l’evento che scatena la crisi o se la sua depressione abbia altre e ancora più profonde radici. In ogni caso, raggiunta la madre al paese, per la giovane ha luogo una faticosa trasformazione.
Anche a
Lucia, molti anni prima, accadde qualcosa di analogo. Testimone di un grave
fatto di cronaca realmente avvenuto (il delitto del Morrone), la donna smise in
poche ore di essere ragazza.
«Una notte di fine estate mi portava di colpo all’età adulta… A un certo
punto la vita accelera. Dopo resta tutto fisso a un’immagine, un suono del
momento. Si torna sempre lì».
Qual è stato il momento in cui nella nostra gioventù
tutto è accelerato? Diverso per ciascuno, c’è un istante inesorabile, un
passaggio aspro e forte che ci trasporta repentinamente in un altro tempo:
un lutto, un incidente, una delusione … comunque una grave perdita. È
curioso come la crescita, che per definizione prevede di aggiungere,
avvenga quasi sempre per sottrazione.
Ogni strappo introduce radicali mutamenti in seno all'animo di chi lo ha subito; qualunque sia la
condizione anagrafica, ogni età è un'età fragile.
“Siamo frangibili, tutti. Chi più, chi
meno.”
- Cit. dal film -Perfetti Sconosciuti- di
Paolo Genovese
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