Trama
Catherine Morland, giovane ingenua e
appassionata di romanzi gotici, lascia la campagna per trascorrere un periodo di
vacanza a Bath con i coniugi Allen, amici dei genitori. Nella
vivace cittadina conosce nuove persone e intreccia rapporti che la conducono
fino all’abbazia di Northanger, residenza dei Tilney. La ragazza,
proveniente dal mondo rurale e da una famiglia agiata ma semplice, offre prove
ripetute della propria inesperienza. Senza astuzie né malizia impara, a
proprie spese, ad andare oltre le apparenze e che non sempre il bello è anche
buono.
UNA COMMEDIA GOTICA
La letteratura gotica si riconosce per
ambientazioni cupe e labirintiche, spesso castelli o abbazie che custodiscono
segreti. L’atmosfera è perennemente sospesa, carica di attese e inquietudini. “A
figurare spesso nel romanzo gotico sono giovani donne rese prigioniere o
soggette a ogni sorta di turba psichica, che non riuscendo a distinguere la
realtà dall’immaginazione tendono a mettere in dubbio ogni dettaglio,
ritrovandosi vittime delle loro stesse pulsioni”. (www.illibraio.it)
La critica riconosce a Jane Austen un’ironia acuta
nei confronti di questo tipo di narrativa e il suo desiderio di invitare il
pubblico a distinguere sempre fantasia e realtà. È un po’ come se oggi, dopo
aver letto It di Stephen King, ci si aspettasse di vedere un clown
assassino uscire da un tombino.
La scrittrice combina ambienti e personaggi in modo tale
da contrappore spiritosamente la commedia all’inquietudine
della narrazione gotica. L’abbazia di Northanger, con il vento
notturno che sibila tra corridoi e stanze, e i suoi angoli bui e passaggi
nascosti, richiama volutamente lo scenario dei romanzi gotici più cupi.
“Sordi mormorii sembravano serpeggiare
lungo il corridoio. Più di una volta le si gelò il sangue per il suono di
gemiti lontani…”
Al tempo stesso, Catherine è un’attrice brillante
e leggera; la sua spensieratezza, unita alla lettura dei romanzi gotici,
la porta a travisare fatti e intenzioni:
“Se capisco bene, lei ha definito una cosa
di un tale orrore che non ho quasi parole per descriverla. Cara signorina
Morland, consideri la spaventosa natura dei sospetti che ha nutrito. Come ha
potuto formularli?”
Le sue paure e le sue investigazioni non sono credibili, tanto
che la scrittrice stessa, presentandole, sorride compiaciuta. Il monito è
chiaro: restare vigili nell’osservazione della realtà, senza
proiettare all’esterno impressioni e fantasie personali.
BELLO MA NON BELLISSIMO
L’Abbazia di Northanger è tra i primi romanzi scritti da
Jane Austen, e lo si avverte: sia nella
narrazione sia nella caratterizzazione dei personaggi. Alcuni di essi, che
ricordano le debolezze e le bassezze tipiche di altre opere dell’autrice, qui
però risultano quasi delle macchiette: la signora Allen che termina ogni
conversazione alludendo alla moda è una caricatura un po’ pesante.
Anche Isabella Thorpe e suo fratello John, figure losche
della storia, non hanno il fascino dei personaggi ombrosi
degli altri romanzi; qui i “cattivi” irritano senza brillare:
basti pensare alla pochezza del reverendo Collins in Orgoglio e
pregiudizio o alla goffaggine di James Rushworth in Mansfield Park.
Isabella è certamente la persona destinata a risvegliare Catherine
dal suo stato di innocenza. La scrittrice rappresenta ad arte le dinamiche
della manipolazione con cui i furbi adescano le loro prede: parole tanto
belle quanto vuote convincono le vittime dell’unicità della relazione,
intrappolandole al servizio esclusivo dell’ego altrui.
“Il giorno dopo, piuttosto presto, un
biglietto di Isabella, che trasudava pace e tenerezza da ogni riga e che
richiedeva l’immediata presenza della sua amica per una questione di massima
importanza, fece sì che Catherine si affrettasse, in un felicissimo stato di
fiducia e felicità …”
Il momento di svolta più atteso è infatti quello in cui
la protagonista si libera dal giogo psicologico della
falsa amica, una vera catarsi narrativa:
“Degli artifici così strani e superficiali,
non fecero presa neppure su Catherine. La loro inconsistenza, le contraddizioni
e la falsità, la colpirono subito. Si vergognò di Isabella e si vergognò di
averle mai voluto bene”.
Se ci riesce lei, con soli diciassette anni e tra i
personaggi più nudi e indifesi della letteratura, c’è speranza per tutti di
liberarsi dalle Isabelle di turno.
Tra i libri di Jane Austen finora letti, L’Abbazia di
Northanger è quello che mi ha coinvolto meno. Eppure, l’ho letto in tre giorni:
avvince ma non convince? Chissà … di sicuro non delude.

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