Bali è il mondo che vorremmo, un pianeta felice, che andrebbe protetto da tutto e
tutti, così come il suo popolo gentile discreto e sempre sorridente.
Dalla foresta vergine alle risaie, dalle altitudini fino
al mare, paesaggio e temperatura cambiano continuamente. La prima destinazione
è stata Ubud, nel cuore della giungla fresca e incontaminata, in un hotel fatto
di casette costruite su terrazze, in mezzo a cascate e laghetti incastonati tra
le rocce come pietre preziose. Ogni abitazione aveva all´entrata delle
sculture induiste su cui, ogni mattina, venivano deposti fiori di ibiscus,
incensi e offerte per gli spiriti. Nella quotidiana osservazione della
religione mi hanno ispirata l´accettazione senza riserve di ogni essere ed il profondo
rispetto per i propri spiriti, fino al punto di mettere sul pavimento, in
strada o sui davanzali più bassi, incensi, fiori, sigarette e offerte anche per
le anime malvagie, risolvendo così l´occidentale dissidio tra il bene e il
male.
Durante la prima settimana abbiamo avuto il privilegio e
la fortuna di essere scortati dalla migliore delle guide che potessimo trovare.
Si chiama Tude-cackra ma si fa chiamare Today dai turisti. Tude ha accompagnato
il nostro sguardo sui luoghi di maggior interesse, pronto a variare
l´itinerario per mostrarci le zone meno conosciute ed esplorate, sempre geniale
nella scelta delle vie poco trafficate.
Lui induista praticante, io da anni in un percorso di
meditazione e di ricerca, ci siamo subito capiti.
Maestoso ed elegante, con il suo sarong legato ai
fianchi, il turbante sul capo (Udeng) e delle ciabattine infradito ai piedi, ha
condiviso con noi la sua identità balinese per giornate intere, senza mai
risparmiarsi, negarsi o manifestare il minimo cenno di stanchezza. Non solo ci
ha accompagnati ma ha visitato i diversi siti insieme a noi, raccontandoci
storie, miti e tradizioni. Ci ha condotto lungo parchi, villaggi, risaie,
templi e nella foresta dei macachi.
Durante la visita al " Mother´s temple", in cima all´isola, ci ha indicato
un´area vietata ai turisti e destinata alla preghiera induista. Per onorare e salutare l´orazione dei fedeli, mi sono posta in un angolo fuori dall´ingresso, ho chiuso gli occhi, ho rivolto il palmo delle mani al cielo e ho svolto la mia meditazione in silenzio. In questo arco di tempo, senza che me ne rendessi conto, Tude si è recato a parlare con il sacerdote per avere il permesso di farmi entrare, a sue spese ha comprato delle offerte e alla fine mi ha condotta alla cerimonia insieme alla sua gente. L´officiante mi si è avvicinato, ha svolto un rito di purificazione con dell´acqua e ha applicato dei chicchi di riso sulla mia fronte. Custodisco questo ricordo tra i più cari del mio viaggio, perchè ha espanso la mia conoscenza e la percezione dell´altro, spingendo persona e sensi al di lá di un cancello. Ed è poi questa l´essenza della mia esperienza a Bali, il fatto di essere stata dall´altra parte di qualcosa e scoprire che questo luogo era già dentro di me.
Nei giorni trascorsi a Ubud ho fatto esperienze che mai avrei
creduto possibili: io che ho paura di tutto e dall´infanzia soffro di un´incurabile fobia verso i serpenti, sono
entrata e uscita dalla foresta tropicale, ho guadato fiumi e raggiunto cascate
come se fosse una cosa del tutto naturale. La giungla era un ventre materno
e sicuro che mi accoglieva e mi proteggeva al punto di aiutarmi a superare i
miei limiti, senza che me ne accorgessi. Come se i buoni e saggi spiriti
balinesi mi avessero presa in simpatia, spinta alle spalle da un´aria leggera,
incedevo sicura e rispettosa nelle viscere dell´isola.
Lungo i tragitti in
jeep si sovrapponevano così tante immagini di strada: bambini e animali
scorrazzanti, case e garage, o forse case-garage, motorini capaci di trasportare
tutto un mondo sul proprio telaio, rivelandomi una vita estremamente semplice
ma mai povera. La ricchezza spirituale attribuisce a questo popolo la forza
necessaria ad affrontare le giornate più dure e faticose. Ci ho pensato ogni
volta in cui ho visto i contadini lavorare in risaia, uomini e donne, giovani e
anziani, ore ed ore con i piedi in acqua e la schiena piegata a curare la terra
per far crescere il cibo. Mi chiedo quanto dovrebbe costare questo riso , quale
sarebbe il giusto prezzo per un lavoro così lungo, estenuante e lento?
Lasciandoci alle spalle le temperature fresche dell´interno, abbiamo
raggiunto Jimbaran: una zona diversa, fatta di luce, acqua, vento e calore mai
eccessivo.
Scortati dal suono della risata fragorosa di una nuova guida, l´oceano
indiano, i nostri occhi incontravano palme, spiaggette, sposi dai lineamenti
asiatici in posa per le foto, statici e felici, il tempo di un sorriso e poi
avanti fino al nuovo spettacolo offerto dai pescatori. Le loro barche erano
sculture antiche di legno multicolore, su cui li vedevamo partire e arrivare,
caricare portati in spalla giganti blocchi di ghiaccio per mantenere fresco il pesce.
Una vita faticosa, faticosa e semplice, semplice ma mai povera, benedetta da
quegli spiriti per cui tutti tengono nelle case un tempietto, in cui pregare,
meditare ed incondizionatamente offrire se stessi
L´oceano indiano viene chiamato “god wisdom” dio saggio. Brontola con le sue onde altissimissime, proprio come un vecchio da amare, rispettare e forse un po' temere. Lui ascolta i dialoghi delle persone sul bagnaasciuga e se i loro pensieri sono brutti, infrange le sue onde in modo così vigoroso da far loro capire che li sta rimproverando.
Poco prima di partire abbiamo sentito una forte scossa di terremoto
scuotere il suolo. Un´esplosione improvvisa sotto i nostri piedi, come se la
pancia della terra nel suo abisso avesse di sorpresa starnutito, la fuga sul
balcone vibrante e poi fuori. Mentre gli ospiti si raccoglievano negli spazi
esterni, una grande parte del personale iniziava la richiesta al dio saggio di
proteggerci e tenere a bada le sue indomabili onde. L´intensità di
quell´invocazione ha attraversato ogni cellula del mio essere e di una cosa
sono sicura, i balinesi hanno chiesto la protezione più per noi che per se
stessi.
Come quando ci si innamora e della persona amata si vorrebbe conoscere tutto, incontrarla e condividere una catena ininterrotta di momenti felici, così è stato per me con Bali. Ho partecipato a tutte le cerimonie e a tutti i riti possibili, la gente del posto mi ha chiamato “sorella”, ha detto che mi aspetta, che io appartengo loro e che l´isola era dentro di me prima che io li raggiungessi. Così adesso sono qui, con il cuore appeso ogni volta che penso a Bali e ai miei fratelli balinesi.
Per questo il mio blog si chiama “il viaggio sei tu”, quello che accade è
che noi ci fondiamo nell´altro ed è questa metamorfosi, che fa di noi il
viaggio più bello che potessimo compiere, un viaggio senza ritorno.
si percepisce una calma e una serenità che viene dal cuore e dall'anima....
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