giovedì, marzo 31, 2022

COME UN RESPIRO di FERZAN OZPETEK

 

Tutto è doppio.

Immaginate un palcoscenico teatrale con due scenografie, sul fondale dell’una un bagno turco di Istanbul, su quello dell’altra l’interno di un appartamento romano. Immaginate due epoche e di alternare gli anni 70 al presente. Naturalmente anche le protagoniste sono due: Elsa e Adele, legatissime sorelle, separate dagli eventi e lontane per un cinquantennio. Questo libro di Ferzan Ozpetek, avvincente fino alle ultime pagine, si adatterebbe magnificamente ai tempi di una pièce del teatro.

Trama: Elsa abbandona improvvisamente Roma per recarsi sul primo treno della notte. Mettendosi nelle mani della sorte, acquista un biglietto senza preoccuparsi della destinazione. Giunta ad Istanbul, incomincia una nuova vita, fa delle esperienze e degli incontri che la portano ad aprire un hammàm. Dal 1969, data della sua fuga, fino al 2019 scrive alla sorella delle lunghe lettere che però non ricevono risposta. Di ritorno in Italia, si reca nella casa in cui risiedeva Adele cinquant’anni prima. In questo alloggio il destino delle due donne si incrocia con quello dei suoi nuovi proprietari e di alcuni loro amici.

“Ai suoi occhi questo era rimasto l’appartamento dove cinquant’anni fa era vissuta. Un luogo amico, benevolo, familiare. Che ci fossimo noi o qualcun altro, per Elsa non aveva la minima importanza: l’essenziale era trovarsi qui. Certi posti hanno la capacità di trattenere le emozioni, proprio come fa un essere umano con il respiro. Poi le lasciano andare molto lentamente, e chi è in grado di percepirle le assorbe in ogni cellula del suo corpo. Ti fanno sentire a casa per sempre”.

Sebbene l’animo dei protagonisti, trascinato dall’impeto dei ricordi e degli eventi, sia turbato, la distanza temporale che separa i fatti dalle loro conseguenze offre una narrazione dal ritmo tranquillo e pensoso. Come se il passare degli anni concedesse lo spazio della riflessione: tutto in questo romanzo sembra galleggiare gentilmente sulle onde della vita dei suoi protagonisti.

Lo stile con il quale l’autore descrive i personaggi porta alla memoria la sua regia cinematografica. Li delinea nei gesti, nei silenzi, nelle reazioni involontarie forse ancora più che con le parole. Si capisce da come muovono gli occhi o da un improvviso rossore che si stanno nascondendo… mentre il lettore gli gira intorno, li studia, apre loro la borsa, gli armadi della cucina, fino a seguirli nelle stanze più nascoste. Forse ogni essere umano custodisce in sé un giardino segreto che nessuno o quasi nessuno conosce. Senza fargliene una colpa, l’autore lo mette alla luce come qualcosa di naturale e inalienabile. Ozpetek racconta la fragilità umana con commovente indulgenza, per quanto le azioni commesse da alcune figure siano basse e deplorevoli, non si può fare a meno di empatizzare con loro e di comprendere il momentaneo impeto che le fa agire.  

“Quante persone amano di nascosto, tramano, tradiscono.”

“Ci sono amori per i quali non basta una vita intera e altri che bruciano in una notte. Non sto dicendo che i primi siano migliori dei secondi: è solo una questione di scadenza. Se non vuoi soffrire, devi conoscere i tempi.”

“Sai una cosa? In fondo anche l’amore è un delitto perfetto: a volte ti uccide, altre forte ti rende più forte, ma in ogni caso rappresenta l’alibi ideale per ogni tua follia.”

“Cosa significa odiare una persona con tutte le tue forze? Non vuol dire nulla. Tanto lo sai che il tuo rancore è solo una diversa forma d’amore. Avvelenato dell’umiliazione, dal sospetto e dalla gelosia, ma non per questo meno vero.”

Questa vicenda ammonisce e fa pensare a quanto il perdono sia salvifico e a come, anche nelle situazioni più sgradevoli e per quanto ci si senta feriti, bisognerebbe concedere alla controparte la possibilità di spiegarsi e di giustificare le proprie azioni. Prima di chiudere un ciclo per sempre, quanto meno esserne sicuri. 

Immenso Ferzan Ozpetek, 9 e mezzo


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