sabato, marzo 25, 2023

TUTTO CHIEDE SALVEZZA di DANIELE MENCARELLI

 

É la prima volta che passo da un film al libro, anzi in questo caso dalla serie Netflix. In entrambi i casi, emozionandomi e ragionando, ho acquisito nuove intuizioni.

La versione cinematografica del testo di Daniele Mencarelli mi ha talmente coinvolta, che, già sui titoli di coda, ne ho sentito la mancanza. Così, alla prima occasione, ho comprato il romanzo. Questa lettura non solo ha integrato le immagini della pellicola, ma ha aggiunto commozione e riflessioni. Il libro è in alcuni aspetti diverso dal film, tuttavia le modifiche della serie non disturbano lo scritto. 

Non essendomi mai facilmente omologata e tantomeno sentita “normale”, da sempre quello della pazzia è un tema che rapisce la mia attenzione. Se ognuno di noi andasse a fondo e si aprisse senza pregiudizio anche a quelli più lontani dai propri schemi, quanti punti in comune troverebbe? Possibile che lo si possa scoprire soltanto naufragando su un’isola deserta? O nel corso di un forzato esilio? Questo è un po’ quanto accade a Daniele, nella settimana di Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO). Tutti i compagni di stanza del reparto di psichiatria hanno qualcosa di straordinario, anche quelli più irraggiungibili e apparentemente assenti come Alessandro e Madonnina. La maggior parte di costoro si contraddistingue per l’eccezionalità del sentire, una stranezza che, se anziché essere isolata, venisse integrata in modo costruttivo nella coscienza comune, certamente migliorerebbe qualcosa. Innocenza, lealtà, purezza d’animo, estrosità, ironia, franchezza sono solo alcune delle qualità che si nascondono sotto al disagio psichico di Daniele, Mario, Gianluca e Giorgio.

“Quei pazzi sono la cosa più simile all’amicizia che abbia mai incontrato, di più sono i fratelli, offerti dalla vita, trovati sulla stessa barca, in mezzo alla medesima tempesta, tra pazzia e qualche altra cosa che un giorno saprò nominare”.

La voce narrante non descrive il mondo visto da un folle, bensì l’esperienza di un ragazzo altamente sensibile, insolitamente maturo per la sua giovane età, capace di svolgere un’analisi lucida e profonda su se stesso e su chi incontra. Lo fa annullando i limiti e i confini. Nonostante il proprio disagio e la pesantezza del TSO, accoglie l’altro, lo ascolta, stabilisce un contatto, come se gli tenesse invisibilmente la mano nel cercare l’uscita da quello scomodo tunnel.

“Oggi so che non sono io a vedere grandi le cose, ma sono loro ad esserlo, io mi limito a guardarle nella loro reale dimensione. E la dimensione reale delle cose è gigantesca. Ogni singola giornata è costellata di azioni, visioni, degne di un’epopea straordinaria. Ogni persona incontrata, ogni scorcio di realtà inedito. Ma questa consapevolezza che stringo ora nei pugni so che passerà, come è già passata, tutto in quel momento tornerà ad essere sintomo di un male ancora senza un nome. La mia vita scorre su questa altalena impazzita.”

“Un figlio nato da una madre instabile e padre suicida viaggia per il mondo. Un principe. Un messia. Un futuro uomo capace di tutto … In lui la somma dei mali si è trasformata in bellezza, equilibrio, futuro degno di questo nome. Lo vedo tra mille ragazze, più forte di ogni chiacchera infame, di ogni pregiudizio. Vai. Onora il padre e la madre. Dimostra all’umanità intera che dagli ultimi, i reietti, nascono miracoli come te”.

Mario, il paziente più anziano della camera, è una figura estremamente delicata e poetica. Padre di famiglia, marito, maestro elementare, essere umano dal fare gentile e discreto, a un certo punto della propria esistenza precipita nel caos, si rompe e non si ripara mai più. Da quel momento perde lavoro, affetti e si ritrova solo, di degenza in degenza, alternando giorni apparentemente tranquilli a notti dolorose e tormentate. Eppure, in qualche modo, continua ad essere maestro. Interrogandosi insistentemente, contempla dalla finestra la vita in tutte le forme e riconosce nella semplicità la bellezza.

“Non sto dicendo che non esista la malattia mentale, ci mancherebbe, ho conosciuto squilibrati da mettere i brividi. Ma oggi non si cura più solamente la malattia mentale, oggi è l’enormità della vita a dare fastidio, il miracolo dell’unicità dell’individuo… Perché un uomo che si interroga sulla vita non è più un uomo produttivo… un uomo che contempla i limiti della propria esistenza non è malato, è semplicemente vivo. Semmai è da pazzi pensare che un uomo non debba mai andare in crisi”.

In effetti, è proprio attraverso l’inquietudine dei tempi difficili che si cresce, si migliora, in ogni caso ci si trasforma. Dalla contemplazione del bello, che passa attraverso un uccellino che torna al nido o l’ascolto di una poesia, Mario associa l’arte alla pazzia e, dal mio punto di vista, con lui l’autore tocca il punto più alto della propria osservazione.

“Io credo che gli artisti, come certi matti, abbiano dentro sé il seme di un ricordo lontanissimo, qualcosa avvenuto prima di tutte le storie. È la bellezza che scintilla di tutto. Io, ecco, credo che in certi uomini sia rimasto un ricordo sgranato, finito nel subcosciente. Questi uomini guardano tutto per come era veramente, prima di quella cosa che è successa e che ha cambiato tutto”.

Come se le creature più delicate e vulnerabili sentissero la nostalgia di un pezzo mancante, splendido e puro, qualcosa che si generò nella notte dei tempi e che nella notte dei tempi si deflagrò. Sebbene quella parte non la si conosca, se ne percepisce l’assenza. Ecco l’infinita ricerca degli artisti e l’indefinibile malessere delle anime fragili.

Tra gli altri compagni di viaggio, Gianluca e Giorgio. Tanto belli, quanto facili a sbriciolarsi, sbagliati nella misura in cui la società li convince della loro inadeguatezza. Condannati senza processo, in virtù di una non conformità sancita da nessun trattato.

“A me la quinta elementare non me l’hanno fatta fa’… Giorgio deve stare con quelli come lui … come lui come? Perché io come so’? In non do fastidio a nessuno, ma se me vengono sotto, se me ridono in faccia, me fanno le linguacce, io m’arrabbio, poi arriva la polizia, l’ambulanza. Se la pijano tutti co’me, perché io so matto, loro che m’hanno provocato invece so’ i sani, capito?”.

Tutto chiede salvezza. La cura e la premura chiedono salvezza. L’attenzione chiede salvezza. La non conformità, l’imperfezione, la non omologazione, l’unicità, il diritto alla fragilità…per tutto e per tutti si chieda anzi si pretenda salvezza.

Grazie DanieleMencarelli Grazie💓


Day after day, alone on a hill
The man with the foolish grin is keeping perfectly still
But nobody wants to know him, they can see that he's just a fool
And he never gives an answer

But the fool on the hill sees the sun going down
And the eyes in his head see the world spinning around

Giorno dopo giorno, solo su una collina
L'uomo col ghigno da matto
se ne sta perfettamente immobile
Ma nessuno lo vuole conoscere
Vedono che è solo un matto
Non dà mai nessuna risposta
Ma il matto sulla collina
Vede il sole tramontare e con gli occhi della mente vede il mondo girare

The fool on the hill, John Lennon & Paul McCartney

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 



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