venerdì, ottobre 04, 2024

DOMANI, DOMANI di Francesca Giannone

 


Il romanzo si svolge nel Salento durante il biennio compreso tra l’estate del 1958 e quella del 1960. Lorenzo e Agnese gestiscono insieme al padre Giuseppe il saponificio di famiglia, fondato dai nonni, prematuramente scomparsi in un incidente stradale. Fin da piccoli i ragazzi ci lavorano con grande passione, senza risparmiare alcuna energia; il loro destino sembra già scritto e deciso, finché Giuseppe, all'insaputa dei figli, vende la fabbrica al concorrente Colella, un imprenditore squallido e gretto. Senza preavviso, dalla sera alla mattina, fratello e sorella perdono tutto. I due protagonisti fronteggiano la situazione facendo rispettivamente scelte opposte; tanto inattese da creare una frattura profondissima nel loro rapporto.

«Quelle mura in conci di pietra e quei soffitti alti per lui e Agnese avevano da sempre significato casa: ci avevano trascorso l’infanzia, giocando a rincorrersi tra le grosse caldaie a vapore e le vasche di raffreddamento, finché un pomeriggio nonno Renato non li aveva fatti andare nel suo ufficio e aveva detto: un giorno toccherà a voi prendere le redini della fabbrica. Lorenzo aveva annuito e gli aveva promesso che mai, per nessuna ragione al mondo, l’avrebbe deluso».

Di fatto, gli eventi traumatici trasformano in maniera drastica l’animo chi li subisce. La vendita del saponificio traccia per i giovani la linea di confine tra gioventù e maturità. La vicenda invita a riflettere rispetto al modo in cui le persone rispondono ai soprusi. Nel caso dei protagonisti si presentano due varianti: restare per cambiare le cose dall’interno oppure andarsene, covando nella rabbia la vendetta.

«Lorenzo rimase a fissare suo padre, con uno sguardo carico d’odio. Quelle quattro parole – Ho venduto la fabbrica – gli avevano strappato via il cuore».

Agnese si adatta alla situazione senza omologarsi. Con pazienza e nella volontà di tenere viva la memoria dei nonni, resta a lavorare per il nuovo proprietario.

«… diventò all’improvviso pensierosa. “No”, disse poi, decisa. Non esiste una persona che possa rendermi più felice di quando sto al saponificio. Impossibile».

La giovane sopporta la scomoda condizione di subalterna e tollera i continui rimproveri senza battere ciglio; si lascia scivolare tutto addosso perché ha una missione da compiere. Benché nella prima parte della storia sembri l’anello debole all'ombra del fratello maggiore, lei si rivela invece tenace, forte e intraprendente. Pur soffrendo in silenzio, stringe i denti: senza lamentarsi se ne fa una ragione per risorgere. Vola sul posto … un Colibrì al femminile, proprio come Marco Carrera dell’omonimo romanzo di Sandro Veronesi.

Lorenzo, al contrario, come se gli fosse scoppiata una bomba dentro, si dispera e oppone fiera resistenza alla nuova realtà. Non potendo accettare decisioni prese da altri e sulle quali egli non ha alcun controllo, lascia andare la genuina freschezza del ragazzo per fare posto a un adulto scaltro e calcolatore. Il problema è che, siccome il cuore gli è rimasto buono, il costo di questa metamorfosi è altissimo. Accecato dalla rabbia, sordo all’ascolto di qualsiasi argomentazione, fa della propria rivincita il principale scopo di vita. 

«Non vivere una vita che non ti appartiene, perché prima o poi ti presenterà il conto. E lo pagherai in infelicità».

L’autrice descrive due persone affini e complementari che si perdono. Si percepisce tuttavia che l’affetto mai viene meno. La protagonista femminile ha l’intelligenza di ascoltarsi e di riconoscere nella nostalgia la necessità di fare dei tentativi per riavvicinarsi al fratello. 

Fino a che punto vale la pena di distruggere delle relazioni per orgoglio? Che senso ha rovinarsi l’esistenza a causa del comportamento di qualcuno che non siamo noi?

Saper accettare le decisioni di coloro a cui si vuole bene, seppure in totale disaccordo con i propri principi, richiede uno sforzo colossale ma è anche segno di magnanimità. Il perdono in fondo è questo: sacrificare se stessi per qualcosa di superiore. 

Lorenzo non può perdonare ad Agnese il fatto di essere rimasta a lavorare al servizio di Colella e di avere continuato a vivere nella casa di chi gli ha strappato il cuore. Egli si identifica in un intero sistema di valori che viene ignorato e distrutto. Come si fa a non dargli torto? Perdendo il saponificio, lui perde la propria identità.

«Siamo Lorenzo e Agnese Rizzo. Nipoti di Renato Rizzo. Saponieri dal 1920. Questo siamo».

Sebbene il suo comportamento sia umano, diabolico è restare in quella condizione, fino a spersonalizzarsi Ciò che gli altri commettono alle nostre spalle è fuori controllo: non ci si può difendere, nè opporre. In ogni caso, dimenticare le faide e condurre una vita felice, rimane sempre il più bello dei trionfi.

Deus ex machina della vicenda sono i nonni. Queste figure mitiche, fiabesche, mitologiche salvano l'infanzia dei nipoti e trasmettono le lezioni più preziose. Per difetto anagrafico le loro esistenze si interrompono prima di quelle dei figli e dei figli deli loro figli. Tuttavia, sono dotati della perfezione dell'eternità: il loro amore non finisce mai.


"Credo che Dio il settimo giorno non sia andato in vacanza ma abbia inventato i nonni. E, accorgendosi che si trattava della più geniale delle sue creazioni, si sia preso una giornata libera per trascorrerla con loro". 

FAUSTO BRIZZI


Ai miei nonni con immenso amore

a mio fratello Luca, che manca

Rossana 

 


DOMANI, DOMANI di Francesca Giannone

  Il romanzo si svolge nel Salento durante il biennio compreso tra l’estate del 1958 e quella del 1960. Lorenzo e Agnese gestiscono insiem...