Lo
scrittore in questo volume svela la propria ipocondria. Mentre nelle altre
letture il racconto parte sempre dalla storia di qualcun altro, in questo caso
il protagonista è proprio lui, Lorenzo Marone, con la sua smania per la salute ed
il terrore verso qualunque possibile infermità. La paura del malanno incombe
come un’ombra inquietante e oscura, che si presenta con capricciosa e regolare
insistenza. Consapevole di essere vittima di un meccanismo perverso, applicando
la legge di attrazione al contrario, egli cerca e trova tutti i sintomi
possibili. Nonostante questo, si mette a nudo con autoironia e competenza. Il suo
ritratto di ipocondriaco alterna la vicenda umana ad alcune digressioni sulla
storia e sulle scoperte della scienza medica.
Tra
tutti, il capitolo che ho preferito ha per titolo “Malebolge”.
La realtà è che spesso la storia non
insegna perché non la si vuole ascoltare. Perché non le diamo credito? Perché
sentiamo il bisogno di affidarci all’omeopatia, all’astrologia, agli ufo, agli
stregoni e agli pseudoscienziati? Perché vogliamo credere alla dannosità dei
vaccini, alla terra piatta e ai fiori di Bach? Si, di base siamo tutti un po’
americani, ma non è questo il punto, il punto, a mio avviso, è che non ci si
affida a qualcosa di assurdo, ma si diffida di qualcosa di accettato da tutti.
Uso l’omeopatia perché non mi fido della medicina normale, non vaccino mio
figlio perché non conosco la scienza, non voglio affidarmi ai poteri forti che
vogliono impormi le loro verità. Credo alle cospirazioni e ai complotti perché
se non ci credo passo per un ingenuo credulone, E così divento un credulone per
non fare la figura del credulone.
La prima pubblicazione del testo è del febbraio 2020. Lorenzo Marone pare proprio l’antesignano dei lunghi dibattiti e degli accesi scontri conseguiti alla pandemia. Quando si crede in un principio così importante, bisogna avere il coraggio di esporlo e soprattutto di difenderlo. A maggior ragione, esprimo il mio pieno compiacimento e la mia totale adesione a questa scuola di pensiero.
Molti sono i passaggi che durante la lettura mi hanno indotto talvolta al sorriso talaltra al ragionamento; é interessante entrare nell’immaginario di un ipocondriaco e collegare quelli che per me sono dettagli insignificanti ad una eventuale condizione di infermità. Anzi, a differenza del protagonista, pur di evitare le visite mediche, tendo a ignorare i sintomi o ad attendere che se ne vadano da soli. Forse sono un’ipocondriaca al rovescio, ho un tale rifiuto per la malattia che fingo di essere in salute anche quando non sono in perfetta forma. Comunque, il più delle volte funziona.
Anche
in questo libro ritrovo una considerazione tanto bella quanto difficile. Dal
momento che l’imperfezione è per eccellenza la costante della vita, tanto vale farsene una ragione e
imparare a conviverci, per riuscire ad accettarsi senza rassegnarsi.
Dovremmo semplicemente accettare le
fragilità, accettare l’idea che dall’imperfezione possa nascere qualcosa di più
evoluto, renderle omaggio, come fa quella tecnica giapponese, il Kintsugi,
letteralemente "riparare con l'oro", che usa il prezioso metallo per tenere
insieme i cocci rotti.
Gli avrei voluto spiegare che di
rassegnazione nelle mie parole non ce n’era, parlerei più di accettazione, che
significa prendere atto della realtà senza star li a sprecare energie vitali.
La distinzione è sottile ma importante: la rassegnazione è una resa,
l’accettazione un punto di partenza.
Nonostante
tra le opere di Marone finora lette questa sia stata meno avvincente, come
sempre ne ho tratto riflessioni e frasi illuminanti. Ogni volta che leggo i
suoi testi realizzo come la scrittura sia il talento di dire cose
intelligenti, possibilmente rivelatrici, attraverso protagonisti o vicende avvincenti.
In effetti, questa autobiografia mi ha appassionato davvero poco.
Eppure, se non avessi sottolineato e riscritto alcuni passaggi mi sarei persa
qualcosa di importante per la vita:
… per cambiare davvero, si deve affrontare
il passato e disattivare l’evento che ha portato al difficile presente. Qualsiasi
azione limitata a oggi, al contrario, porterebbe a modificare un futuro che è
già storto in partenza.
D’ora
in poi, di fronte alle fragilità, alle reazioni eccessive, ai comportamenti
sbagliati, al manifestarsi delle mie parti rotte, come un mantra mi
ripeterò: disattivare l’evento, disattivare l’evento, disattivare l’evento,
disattivare l’evento … e naturalmente viaggerò a ritroso nel tempo per cercare l'evento da disattivare.
Non possiamo cambiare le carte che ci sono date, possiamo soltanto decidere come giocare la prossima mano.
Grazie Lorenzo Marone Grazie