…Un romanzo molto diverso da quelli finora letti
dello stesso autore. Il protagonista è sempre un singolo, circondato dalla
propria società di appartenenza, ciò che cambia è l’epoca, il contesto storico
che ci consente un doloroso ma necessario viaggio nel tempo.
Lo scenario di partenza è Vallo di Diano, una
zona situata tra Campania e Basilicata, alla vigilia della seconda guerra
mondiale. Questa prima fase della vicenda richiama fortemente alla memoria gli
ambienti e le atmosfere descritte dal verismo. Lorenzo Marone, analogamente a
Verga, descrive la vita semplice della povera gente, in cui gli umili lavorano
duramente e subiscono le prevaricazioni dei potenti.
-Galletta, dovresti
saperlo, le leggi i padroni se le fanno da soli.
Cono, detto anche Galletta, contadino promesso
sposo a Serenella, fa fronte alla fatica e alla miseria del luogo in cui vive,
convinto di poter coronare un giorno il suo sogno d’amore con la compagna.
Quando tornerò ci sposeremo subito. Avremo una casa
accogliente, tanti bambini, qualche buon amico che ci verrà a trovare, gli
animali nella stalla e i frutti sugli alberi. Avremo da mangiare e da vestire e
ce lo faremo bastare. Invecchieremo insieme, non smetteremo mai di ridere, e un
domani la gente racconterà il nostro amore.
Benché il giovane sia in grado di superare gli
ostacoli economici, la guerra imminente e la violenza del regime fascista
interrompono bruscamente i suoi piani. Come un ingenuo reso esperto dagli
eventi, Cono istintivamente si ribella e reagisce, recando a sé e ai suoi un
irrimediabile danno.
Il mondo è un posto ingiusto, Cono, impara presto a
capirlo, la terra ti ha insegnato a portare pazienza, non puoi lottare da solo
contro tutti. Così come non puoi odiare il fuoco, allo stesso modo non puoi
sfidare ciò che è ovunque, una forza più grande di te. Puoi solo seminare il
tuo pezzo di terra e sperare di raccogliere i frutti. Non abbiamo potere che su
poco, la nostra vita, in parte, e quella della nostra famiglia.
Dopo la partenza per il servizio militare, il
protagonista viene fatto prigioniero dai nazisti e trasferito in un campo di
concentramento. Si tratta delle deportazioni avvenute in Italia dopo
l’armistizio dell’8 settembre 1943. La quotidianità del lager è descritta
con stupefacente realismo. All’autore va riconosciuto il merito di denunciare
la crudeltà e la perfidia delle SS, dipingendo scene forti ma efficaci. Il
lettore rabbrividisce di fronte alle efferatezze, ma ancora una volta prende
atto. Come già avvenuto con letture, film, visite a musei o mirati percorsi
storici … ancora una volta il pubblico si rende conto, ancora una volta si
sorprende, soffre e si interroga su come tutto questo sia stato
possibile. Ancora una volta si chiede come sia ammissibile OGGI questo
orrore senza fine e senza senso che chiamiamo guerra.
A tenere vivo il ragazzo in quel tormento sono
l’amore per Serenella e l’abilità nel tirare di boxe. Egli si estranea
dall’inferno di cui è parte, sostituendo le immagini lugubri e spettrali della
quotidianità con quelle liete e radiose del suo paese di origine.
Dalla baracca Cono scorgeva uno spicchio di cielo,
e nelle notti limpide riusciva a riempirsi gli occhi di luci. In quei momenti
tornava inevitabilmente ai suoi cieli, alle dormite nei campi, sotto gli ulivi;
dinanzi alle stelle Cono aveva rivelazioni che di giorno ignorava, gli veniva
da interrogarsi sull’immortalità.
La lettura consente non solo di immaginare cosa sia
un lager nazista, ma anche di ascoltare i pensieri, i discorsi e le fantasie
dei prigionieri che vi sono reclusi dentro. Che sia uno specifico ricordo o la
trasfigurazione di questo in qualcosa di ancora più bello, focalizzarsi sulla
vita attesa significa contrastare la fine incombente e la sensazione di poter
essere uccisi all'improvviso e senza alcuna ragione.
Era rimasto lì a domandarsi come fosse possibile
ammazzare uno che non t’ha fatto niente, di cui niente conosci, uno nato in un
altro posto e che parla un’altra lingua, solo per obbedire a un ordine, per
ragioni che non sai, o che credi di sapere e non sai.
Arriva un momento in cui Cono crede di non
poter resistere oltre e, percependo di essere allo stremo, si interroga sulla
morte. Osserva se stesso, i compagni che si arrendono e quelli che
incredibilmente restano aggrappati al proprio corpo. Alla gravità del giovane
che pensa di lasciarsi andare viene in soccorso un nuovo ricordo, in cui la
leggerezza di un aldilà terreno e amico fa da contrappunto alla fatica di
esistere in quel cimitero di vivi.
-Promettimi, - gli aveva detto una volta Serenella,
con la mano nella sua e lo sguardo al cielo, stesi fianco a fianco nel
frumento, - promettimi che quando Dio ci obbligherà a morire, saprai
riconoscermi lassù, tra tutte quelle stelle… - Ma se proprio dovesse capitarmi
di morire, – aveva aggiunto lui, - allora non cercarmi lassù, - e aveva
indicato il cielo, - ma qui, nei dintorni, tra i campi e tra gli alberi,
accanto a te, perché lì mi troverai. Morire è solo non essere visti.
Come negli altri romanzi dello stesso autore
l’intero racconto verte sulla parabola di un individuo che cresce, evolve e
cambia, dando così luogo a un nuovo inizio. Tra tutti i protagonisti dei libri
di Marone, Cono Trezza è colui che per eccellenza compie davvero qualcosa di
epico. La sua trasformazione all’interno del campo di concentramento resiste
alla logica del male. Egli pone il dilemma di come sia possibile frantumarsi in
migliaia di pezzi, irreparabilmente rompersi, eppure continuare a funzionare: restare
umani nonostante la totale disintegrazione della dignità. In qualche modo, in
virtù dell'amore dato e ricevuto, egli si conserva uomo.
Cono era rimasto a chiedersi se fosse quella la
fede, provare compassione per un altro uomo e sentire d’essere una cosa sola
con lui nel dolore, sapere che nella sofferenza siamo tutti uguali, tutti
ultimi, tutti sulla croce, come Cristo.
Ci sono dei libri che raccontano storie. Poi, ce ne sono altri che, toccando dei tasti speciali, raggiungono i luoghi più nascosti dell'anima e ci incontrano lì, nello spazio sospeso della lettura, pronti a ricevere un messaggio o a riconoscere una voce.
SONO TORNATO PER TE è così; appartiene al genere che io definisco ''il viaggio che
non si dimentica''.