Rue
de Grenelle 7, a Parigi, è sede di un elegante palazzo da cui si possono
osservare i destini degli altolocati condomini. La maggior parte di costoro
sfiora la narrazione, salendo e scendendo i piani dell’edificio e passando
distrattamente davanti alla guardiola di Madame Renée Michel. Benché la
portinaia appaia come una donna di mezza età poco curata, robusta, piuttosto
asciutta nei modi e teledipendente, ella è in realtà una persona coltissima,
esperta di arte, filosofia, musica e appassionata alla cultura giapponese.
“Ho battuto in ritirata, certo, rifiutando lo scontro.
Ma, nel chiuso della mia mente, non esiste sfida che io non possa accettare.
Umile per nome, posizione e aspetto, nell’intelletto sono una dea invitta”.
Tra
i pochissimi in grado di vedere oltre le apparenze, la dodicenne Paloma, che
diventerà sua amica. La ragazzina, dotata di straordinaria intelligenza,
progetta il proprio suicidio, insofferente e stanca dell’ipocrisia e della
mediocrità che la circondano.
“Quindi mi avvio tranquillamente alla data
del 16 giugno e non ho paura. Magari qualche rimpianto, forse. Ma il mondo, così
com’è, non è fatto per le principesse”.
Ah
come la capisco!
Mi imbatto continuamente in una società che attribuisce agli individui etichette e ruoli. Su tali basi le persone smettono
di essere chi sono per diventare personaggi, identificandosi in qualcosa che
qualcun altro ha stabilito per loro, forse ancora prima che nascessero. Renée e
Paloma fanno esattamente il contrario. Fin da piccole si mimetizzano, riconoscendo
i limiti delle opinioni correnti e la schiavitù degli stereotipi, sentono il
bisogno di proteggere la propria identità e il proprio talento dal giudizio e dalle
contraddizioni dei luoghi comuni. Mentre la custode si ribella a tutto questo
offrendo ai residenti del palazzo l’immagine che costoro di lei si sono fatti,
la ragazza si nasconde di continuo da una famiglia in cui si sente estranea e
prigioniera.
“E io forse sono la più grande vittima di
questa contraddizione, perché per un’oscura ragione sono ipersensibile a tutto
ciò che stona, come se avessi una specie di orecchio assoluto per le stecche,
per le contraddizioni”. (Paloma)
“Non vediamo mai al di là delle nostre certezze e, cosa ancor più grave, abbiamo rinunciato all’incontro, non facciamo che incontrare noi stessi in questi specchi perenni senza nemmeno riconoscerci. Se ci accorgessimo, se prendessimo coscienza del fatto che nell’altro guardiamo solo noi stessi, che siamo soli nel deserto, potremmo impazzire”. (Paloma)
Eppure,
nella loro solitudine, tanto la bambina quanto l’adulta svolgono riflessioni
importanti, frequentano la bellezza e ne fanno ripetuto esercizio. Attraverso la
passione per la cinematografia giapponese, madame Michel ricorre alla metafora
della camelia sul muschio per rivelare la poesia, la meraviglia e l’immortale
incanto delle cose più pure e semplici.
“La camelia sul muschio del tempio, il
violetto dei monti di Kyoto, una tazza di porcellana blu, questo dischiudersi
della bellezza pura nel cuore delle passioni effimere non è ciò a cui aspiriamo
tutti? E che noi, Civiltà occidentali, non sappiamo raggiungere?
La contemplazione dell’eternità nel
movimento stesso della vita.
…Io sono molto camelia sul muschio. A pensarci
bene, nient’altro potrebbe spiegare la mia reclusione in questa tetra
guardiola. …In effetti, quando la lotta contro l’aggressività del primate si
appropria di queste armi prodigiose che sono i libri e le parole, l’impresa è
agevole: e così divenni un’anima istruita che attinge dai segni scritti la
forza di resistere alla sua natura”.
In
qualche modo, l’autrice, attraverso le sue protagoniste, dice cose che fanno
tanta compagnia a chi si sente strano e solo nella propria visione dell’esistenza.
Per quanto poco ospitale possa essere la società in cui si vive, esiste una bellezza divina; che è quella che si cela dietro alle
luci e alle ombre del quotidiano. La camelia sul muschio è il sorriso di un
passante in un giorno piovoso, una canzone che parte alla radio e che parla di
te, il volo improvviso di un branco di fenicotteri, la prima rondine di primavera … e tanto altro per chi è disposto
a cercarlo e a ricordarsene.
Solo
verso la fine del romanzo Paloma e Renée si incontrano e si riconoscono. La
ragazza ha il dono di saper cogliere l’invisibile eleganza della custode del condominio;
di individuare nelle sue forme sgraziate e nei suoi modi asciutti la roccaforte
che immette nelle stanze più belle del castello.
“Madame Michele ha l’eleganza del riccio:
fuori è protetta da aculei, una vera e propria fortezza, ma ho il sospetto che
dentro sia semplice e raffinata come i ricci, animaletti fintamente indolenti,
risolutamente solitari e terribilmente eleganti”.
L’amicizia
nasce in modo immediato, poiché la bambina, con le sue domande e con i suoi discorsi insoliti per una dodicenne, entra nelle giornate della portinaia di rue de grenelle.
“E rimaniamo lì a lungo , tendendoci per
mano, senza dire niente, sono diventata amica di una bella anima di dodici anni
verso la quale provo un’enorme gratitudine, senza che l’incongruità di questo
attaccamento simmetrico per età, condizione e circostanze riesca a sminuire la
mia emozione”.
La
vicenda offrirebbe altri spunti di analisi e riflessione, taluni personaggi
come Manuela e monsieur Ozo meriterebbero una recensione a parte. Anche
costoro, analogamente alle camelie, al violetto dei monti di Kyoto, alle tazze
di porcellana blu dischiudono bellezza nel cuore di Renée.
Le
risposte che la bambina trova dentro di sé possono essere interpretate come un
invito ad accorgersi che qualcosa accade, nel momento in cui lo si vive…Rendersi
conto della propria felicità durante e non dopo.
“Guardando lo stelo e il bocciolo cadere,
ho intuito in un millesimo di secondo l’essenza della Bellezza. Si, proprio io,
una marmocchia di dodici anni e mezzo, ho avuto questa fortuna inaudita, perché
stamattina c’erano tutte le condizioni favorevoli: mente vuota, casa calma,
belle rose, caduta di un bocciolo… è una questione di tempo e di rose. Il bello
è ciò che cogliamo mentre sta passando”.
“Stasera, ripensandoci, con il cuore e lo
stomaco in subbuglio, mi dico che forse in fondo la vita è così: molta
disperazione, ma anche qualche istante di bellezza dove il tempo non è più lo
stesso. È come se le note musicali creassero una specie di parentesi temporale,
una sospensione, un altrove in questo luogo, un sempre nel mai”.
Ogni volta che avrò l’impressione di essere felice, o proverò una strana gioia o il desiderio di trattenere qualcosa che sta per passare, sarà il mio sempre nel mai.
Solo se riesci ad accogliere il visibile e l’invisibile, quel rettangolo di cielo lassù può iniziare ad avere un senso.
(Fabrizio Caramagna)