Il
titolo di questo libro pare alludere ad un astuto espediente di marketing.
Ognuno di noi vorrebbe liberarsi da persone moleste, sgravarsi di faccende spiacevoli
e raggiungere un’armonia quasi perfetta.
La
genialità del testo invece è l’esatto opposto: il punto di partenza non è
esterno ma interno. Come una sberla in faccia, l’autore esorta il lettore a
smettere di lamentarsi, di ritenersi così speciale da meritare un compenso
straordinario per il proprio impegno come se la felicità fosse “un’equazione
algoritmica”.
Come
reagirebbe l’essere umano in totale assenza di problemi da risolvere? Non gli
mancherebbe forse qualcosa? Mark Manson interpreta il raggiungimento del
benessere come la libertà di scegliere per quali cose “sbattersi”. Questo
pensiero ha modificato in modo notevole il mio approccio: quando mi accadono
eventi sgradevoli, mi chiedo se davvero meritino il mio rammarico e
soprattutto quanto in fondo mi riguardino. In effetti ci sono individui che gravitano
intorno alle nostre esistenze senza aggiungere qualcosa, spesso recando noia e
gravità. Forse è arrivato il momento di smettere di offrire a costoro lo spazio e il
tempo della nostra considerazione.
Per
riuscire a raggiungere tale risultato è fondamentale definire una propria scala
di valori, ragionare su quali principi ci identifichino al punto di lottare per
loro. Io ho sempre considerato la presenza e l’attenzione delle virtù preziose. Tuttavia, se dall’altra parte queste qualità non vengono apprezzate, dare
“assenza” a chi non ci apprezza diventa un’urgenza, un’intrepida missione atta a
proteggere i nostri doni da chi, incapace di riconoscerli, ne farebbe pessimo uso. Mi vengono in mente tutte le volte in
cui manca nelle relazioni una reciprocità e ci si sente inadeguati sulla base dei
comportamenti altrui. Eppure, se lo permettiamo, la colpa di questo disagio è
nostra, soltanto nostra.
Giustamente
è pressoché impossibile piacere a tutti e andare d’accordo con ogni individuo
che si incontra. Di conseguenza, anziché dolersene e dare la colpa al mondo, è
saggio prendersi tutte le responsabilità nella consapevolezza di difendere un patrimonio astratto ma importante, anche accettando di incorrere nel biasimo di chi, non avendo altri strumenti, utilizza la calunnia
e il piagnisteo per farsi giustizia. Assumersi l’onere delle proprie iniziative prelude certamente
alla sofferenza e al sacrificio, nondimeno ci riporta a noi stessi, alla
facoltà di preferire un problema anziché un altro. Qualunque sia
la ragione per cui stiamo male, siamo noi ad averlo deciso.
Del
libro ho inoltre gradito l'opinione per cui le emozioni sono sopravvalutate. Se ci si riflette, esse esprimono una condizione fugace e momentanea e non è
detto che un sentimento che ci causa fastidio debba forzatamente danneggiarci, cosi come il suo contrario ci possa offrire un benessere di durata illimitata. Riflettere sulla propria condizione, chiedersi per quale
motivo ci sentiamo in una maniera piuttosto che in un’altra è più ragionevole
che seguire, a prescindere, pancia e cuore... meno romantico ma senz'altro più salutare.
Ci
sono molti passaggi che mi hanno fatto sorridere, ricordare e supporre. Tra
tutti questo è forse quello che preferisco per la schiettezza e la semplicità:
“La felicità richiede fatica. Cresce dai
problemi. La gioia non spunta dalla terra come le margherite e gli arcobaleni”.
Adoro questa frase: stare bene significa cadere, sporcarsi, fallire, rialzarsi, imparare a stare nel proprio errore e nel proprio dolore, lottare per i propri principi, fare il meglio possibile senza rompere le palle, amare incondizionatamente e tenere sempre a mente che, come diceva Eleanor Roosvelt “Nessuno può farti sentire inferiore senza il tuo consenso.”
Grazie Mark Manson Grazie
Voto: 9 e1/2